domenica 15 febbraio 2009

Point of no return

(15/02/2009) - La crisi economica avanza. Come previsto dai due profeti dell'economia Joern Berninger ed Eugenio Benetazzo la crisi sprofonda ineluttabile trascinandoci nel suo vortice. Già da anni i due economisti avevano profetizzato gli eventi odierni. Joern Berninger mi ha risposto. Ha parlato, come di consueto, chiaro e sicuro: point of no return. E' questo lo statement che condensa lo stato attuale della crisi finanziaria ed economica. Eugenio Benetazzo è grintoso nell'analisi e lancia la sua sfida, forte del suo potere di sintesi: "aspettatevi una crisi alimentare ed energetica". Entrambi hanno rivelato in anticipo le vicende che abbiamo visto e che vediamo quotidianamente. Così li prendo sul serio come è giusto che sia. In questo blog ho talora accompagnato le loro disquisizioni con le esternazioni teoretiche di Tremonti. Nel suo libro "La paura e la speranza" anticipa il percorso turbolento dell'economia prevedendone l'unica direzione possibile così da lui medesimo sintetizzata: "Non è la fine del mondo ma la fine di un mondo". E' così che Tremonti e stato marchiato comunista. Capire oggi Tremonti è più facile che mai, ma Berninger e Benetazzo sono imperturbabili. Entrambi colgono la verità su cose che sono nascoste e che giorno dopo giorno si rivelano inesorabilmente esatte.
Ma cosa hanno in comune i succitati soggetti? Un primo e fondamentale punto di incontro riguarda la causa della crisi: il WTO. Si, il WTO, l'Organizzazione Mondiale del Commercio. E' questa l'organizzazione che ha portato l'idea di un'economia globale, senza regole, senza vincoli. La globalizzazione ha portato via i nostri prodotti più cari e che contraddistinguevano la nostra tipicità. Ha portato via i nostri posti di lavoro e dei nostri figli. Ha portato i mercati finanziari a ingarbugliarsi nella matassa indistricabile dei prodotti bancari. Ha portato impunemente alla sofisticazione alimentare e tossicità dei prodotti. Ha portato all'inquinamento, alla desertificazione, all'abbandono delle campagne. Il capitalismo ha raggiunto la massima espansione con la globalizzazione. Vedo l'uomo della società contemporanea esattamente come lo definì Herbert Marcuse il secolo scorso: "L'uomo a una dimensione". L'uomo costruito su misura, dalla nascita alla morte, le cui esigenze e aspettative sono programmate. Un uomo dell'avere e non dell'essere. Un uomo che è solo se ha.
Se sono chiare queste poche righe allora ne viene da se il ragionamento che i governi non possono fare altro che abbattere il sistema nel modo più indolore possibile. Qualsiasi azione atta a mantenere lo status quo sarà vana. E qui mi viene in mente Obama che diceva nel discorso di insediamento: "Non chiederemo scusa per il nostro stile di vita e non esiteremo a difenderlo". Il capitalismo sta velocemente morendo come accadde per il comunismo a partire dal 1989. Su questo Magdi Cristiano Allam è stato molto forte ribadendo che questa è una crisi strutturale e non ciclica. E' il sistema capitalista che volge alla fine.
E' triste sentire oggi parlare di anti protezionismo e contempoaneamente Benetazzo che predica il protezionismo come unica via di uscita. L'Europa comunitaria ha nel protezionismo il suo peggiore nemico che ne mina l'esistenza. Infatti la nostra è una Europa delle banche e non è l'Europa dei popoli. Sarà così che popoli che vivono in armonia saranno discordi proprio come i lavoratori della Total in difesa del posto di lavoro.
Questi Valori e Regole hanno fatto dell'uomo a una dimensione colui che ha un cellulare e un'automobile per ogni familiare. Il suo target è la ricchezza che produce altra ricchezza. Quest'uomo è il modello di una società orientata al bene materialista individuale e non al bene comune. Una società dell'avere e non dell'essere decade e muore su se stessa: un suicidio collettivo. E' troppo tardi per parlare di nuovi Valori e Regole nel sistema finanziario ed economico. E' troppo tardi per chiedere scusa: too late to apologize. E' troppo tardi per quelli che hanno reclamato la loro pensione come diritto acquisito sapendo che i più giovani non avrebbero avuto il lavoro e la pensione. E' troppo tardi per quelli che hanno fatto carriera alle spalle degli altri. Troppo tardi per le caste che perderanno tutto quello che si sono arrogati di prendere. Troppo tardi per distribuire una ricchezza che non c'è più. Troppo tardi per creare posti di lavoro per i precari e cassintegrati. Ecco, è questo il momento propizio per nuovi Valori e Regole. Abbiamo superato il point of no return.

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